MONDO DEL LAVORO ED ENCICLICHE SOCIALI – PARTE II°

Dopo la disamina della “Rerum Novarum”, di seguito una breve sintesi di tutte le altre encicliche sociali dei Papi fino ai giorni nostri, ciascuna con un preciso concetto chiave, riconducibile al mondo del lavoro, su un testo prodotto dall’UCID, unione fondata nel 1947, da persone legate dalla stessa fede e dalla comune responsabilità imprenditoriale nell’ambito delle aziende e delle professioni. per la realizzazione del bene comune. La sintesi, del 2014, non comprendeva la “Laudato sì”, non ancora scritta all’epoca e che aggiungiamo, sulla base di un testo di Isabella Piro
Fonti:
Ucid.it – Unione cristiana imprenditori dirigenti – ottobre 2014
Vaticannews.it – maggio 2018
Link agli articoli completi:

https://ucid.it/blog/2014/10/29/dieci-encicliche-sociali-dalla-rerum-novarum-alla-caritas-in-veritate/

https://www.vaticannews.va/it/papa/news/2018-05/papa-francesco-enciclica-laudato-si-ecologia-creato.html

Sintesi della redazione Risorsa, a cura di Ferdinando Ciccopiedi – Vice Presidente Risorsa

PIO XI: QUADRAGESIMO ANNO – 1931
Nell’enciclica si afferma che è un grave errore la separazione tra etica ed economia. Viene introdotto il principio di sussidiarietà tra enti superiori e inferiori e viene condannata la concentrazione della ricchezza in poche mani ai tempi della grande crisi del 1929. Riportiamo solo un passo dell’enciclica, che sembra molto attuale: “Ciò che ferisce gli occhi è che ai nostri tempi non vi è solo concentrazione della ricchezza, ma l’accumularsi altresì di una potenza enorme, di una dispotica padronanza dell’economia in mano a pochi, e questi sovente neppure proprietari, ma solo depositari e amministratori del capitale, di cui essi però dispongono a loro piacimento”.
GIOVANNI XXIII: MATER ET MAGISTRA – 1961
Con Giovanni XXIII si introduce il principio fondamentale che la Dottrina Sociale della Chiesa è rivolta a tutti gli uomini di buona volontà. Gli anni sessanta aprono orizzonti promettenti: la ripresa dopo le devastazioni della guerra, l’inizio della decolonizzazione, i primi timidi segnali di un disgelo nei rapporti tra i blocchi, americano e sovietico. La questione sociale si sta universalizzando e coinvolge tutti i Paesi: accanto alla questione operaia e alla rivoluzione industriale, si delineano tra l’altro i problemi delle aree in via di sviluppo, del problema demografico e quelli relativi alla necessità di una cooperazione economica mondiale
GIOVANNI XXIII: PACEM IN TERRIS – 1963
Con questa enciclica Giovanni XXIII mette in evidenza, oltre al tema della pace, in un’epoca segnata dalla proliferazione nucleare, una prima approfondita riflessione della Chiesa sui diritti. Essa prosegue e completa il discorso della Mater et magistra e sottolinea l’importanza della collaborazione tra tutti. E’ compito di tutti gli uomini di buona volontà ricomporre i rapporti della convivenza nella verità, nella giustizia, nell’amore, nella libertà. Si sottolinea con forza il grande principio della Dottrina Sociale della Chiesa rappresentato dalla destinazione universale dei beni e della funzione sociale della proprietà privata.
PAOLO VI: POPULORUM PROGRESSIO – 1967
Con questa enciclica Paolo VI dà voce a tutti i popoli del mondo afflitti dalla povertà, nel segno della fratellanza umana. Si distingue tra crescita e sviluppo, affermando che la crescita è un concetto meramente quantitativo che riguarda le ricchezze materiali, mentre lo sviluppo ha al centro l’uomo con i suoi valori di libertà, responsabilità, dignità, creatività. Lo sviluppo va coniugato con il bene comune, di tutti e di ciascuno. Nessuno deve essere escluso dai processi di sviluppo, perché tutti siamo fratelli. Una politica internazionale coordinata e volta verso l’obiettivo della pace e dello sviluppo è resa più che mai necessaria dalla globalizzazione dei problemi. L’interdipendenza tra gli uomini e tra le Nazioni acquista una dimensione morale e determina le relazioni sotto economiche, culturali, politiche e religiose.
PAOLO VI: OCTOGESIMA ADVENIENS – 1971
All’inizio degli anni settanta, in clima turbolento di contestazione ideologica, Paolo VI aggiorna l’insegnamento sociale di Leone XIII, in occasione dell’ottantesimo anniversario della Rerum novarum. Il Papa riflette sulla società post-industriale con tutti i suoi complessi problemi, rivelando l’insufficienza delle ideologie a rispondere a tali sfide: l’urbanizzazione, la condizione giovanile, la situazione della donna, la disoccupazione, le discriminazioni, l’emigrazione, il problema demografico, l’influsso dei mezzi di comunicazione sociale, l’ambiente naturale
GIOVANNI PAOLO II: LABOREM EXERCENS – 1981
In questa enciclica si introduce una importante distinzione tra lavoro oggettivo e lavoro soggettivo. Il lavoro oggettivo è quello che viene trattato sul mercato in relazione ai processi di produzione e di distribuzione della ricchezza. Il lavoro soggettivo riguarda invece l’uomo e la sua missione nel Creato. In questo senso il lavoro è superiore al capitale ed è strumento di salvezza di tutti gli uomini su questa terra. Il lavoro in senso soggettivo rappresenta una risposta alla divisione e alla specializzazione del lavoro (taylorismo) avvenute a partire dalla prima rivoluzione industriale. La divisione oggettiva del lavoro sul piano dell’organizzazione produttiva porta alla divisione dell’uomo ed è contraria alla visione soggettiva del lavoro. Giovanni Paolo II mette in guardia dai gravi rischi dell’economicismo in cui tutto viene ridotto alla mera sfera economica, tralasciando tutti gli altri valori e, in particolare, quelli spirituali. La separazione dell’etica dall’economia produce gravissimi danni perché viene negato il valore del bene comune.
GIOVANNI PAOLO II: SOLLICITUDO REI SOCIALIS – 1987
Con questa grande enciclica sociale Giovanni Paolo II si propone di affermare il valore universale della libertà e di dare risposte alla cosiddetta teologia della liberazione, che si richiama alla povertà francescana, condannando altresì la presenza nel mondo di sistemi totalitari. Viene esaltata la libertà di intraprendere e condannati i sistemi che decidono dall’alto i destini degli uomini, con apparati burocratici che soffocano la creatività e appiattiscono le coscienze.
GIOVANNI PAOLO II: CENTESIMUS ANNUS – 1991
Con la Sollicitudo rei socialis e la Centesimus annus si sposta prima e si rafforza poi l’attenzione del pensiero sociale della Chiesa dalla distribuzione alla produzione della ricchezza, dove giocano un ruolo cruciale gli imprenditori come attori fondamentali dello sviluppo per il bene comune
Giovanni Paolo II preferisce questa definizione rispetto a quella di economia di mercato e di economia capitalista. L’impresa è una comunità di persone in cui l’autorità dell’imprenditore non viene esercitata come mero potere ma come servizio per lo sviluppo e la costruzione del bene comune. Si afferma la liceità e l’efficienza del profitto: un’azienda può avere i conti in ordine e contemporaneamente umiliare la dignità della persona umana, che deve invece rimanere al centro dei processi si sviluppo con i suoi valori di libertà, responsabilità, dignità, creatività. Vengono anche enucleati i tre grandi pilastri dello sviluppo: il Mercato, lo Stato, la Società Civile, fonte dello sviluppo per il bene comune, con l’insostituibile valore della sussidiarietà e della solidarietà, mirando alla sua globalizzazione. I due valori devono procedere insieme perché la solidarietà senza la sussidiarietà genera appiattimento e scarsa propensione ad intraprendere per lo sviluppo e la costruzione del bene comune. D’altra parte, la sussidiarietà senza la solidarietà genera egoismo localistico e scarsa attenzione alle necessità dei nostri fratelli.
BENEDETTO XVI: CARITAS IN VERITATE – 2009
Benedetto XVI con la grande enciclica sociale Caritas in veritate porta avanti e sviluppa il pensiero di Giovanni Paolo II, consolidando la svolta della Dottrina Sociale della Chiesa, dopo la fase fondativa della Rerum novarum. Benedetto XVI parla di vocazione allo sviluppo, evidenziandone il valore trascendente e teologico. Nella Caritas in veritate l’impresa, l’imprenditore, l’imprenditorialità vengono spesso citati, come pure il lavoro come vocazione, al di là degli aspetti quantitativi. Non poteva essere diverso da chi si è chiamato con il nome del Santo innovatore, con la massima:”ora et labora”. Esiste una grande consonanza tra la Caritas in veritate e la Sollicitudo rei socialis attraverso le categorie della Dottrina Sociale della Chiesa: sviluppo, solidarietà, sussidiarietà, destinazione universale dei beni, bene comune, globalizzazione. Benedetto XVI nella Caritas in veritate parla esplicitamente della Responsabilità Sociale dell’Impresa (RSI) e di etica in campo economico, talvolta abusando di tali termini. Una responsabilità che riguarda non solamente gli azionisti, ma anche i dipendenti, la risorsa più preziosa per la sostenibilità dell’impresa nel lungo periodo, le comunità locali, le istituzioni locali, i clienti, i fornitori, le generazioni future, l’ambiente. La Caritas in veritate ci dice anche che si attenuano nel mondo di oggi la differenze tra imprese profit e non profit. Infatti, il principio dell’efficienza in economia (la scienza triste) le accomuna perché l’approccio imprenditoriale deve valere in tutti i casi. Secondo Benedetto XVI, mercato e Stato non sono in grado da soli di assicurare il bene comune. Occorre una componente di gratuità e di dono che caratterizza grande parte del terzo settore di cui poco si parla nel nostro Paese. Un ultimo importante aspetto della Caritas in veritate riguarda l’attenzione allo sviluppo dei popoli e alla tecnica. Benedetto XVI dedica a questo tema un intero capitolo, nel quale si legge che “Il problema dello sviluppo è strettamente congiunto al progresso tecnologico, con le sue strabilianti applicazioni in campo biologico. La tecnica è un fatto profondamente umano, legato all’autonomia e alla libertà dell’uomo., che non deve far mai tornare fame e schiavitù. Nella tecnica si esprime e si conferma la signoria dello spirito sulla materia”. Ma la ragione, cioè la scienza e la tecnica, non può essere disgiunta dalla fede, e devono volare insieme per portare l’uomo verso la verità che ci rende liberi. La ragione senza la fede è destinata a perdersi nell’illusione della propria onnipotenza. Verità e Carità possono solo essere donate da Dio, che è Verità e non prodotte dall’uomo, se non con l’attenzione alla povertà, frutto della Carità. Fin qui la sintesi della fonte “Vatican news” e del link all’articolo completo. Ma c’ è un altro testo sull’enciclica che suggerisco: “ Commento alla Caritas in Veritate ,vedi:

https://www.edizionilavoro.it/catalogo/strenne/commento-alla-caritas-in-veritate

con saggi di eminenti personaggi, tra cui Stefano Zamagni, detto “Il professore”, docente di Economia Politica all’Università di Bologna, ex Presidente dell’Agenzia del Terzo Settore, e noto a tutte le Organizzazioni di Volontariato, come Risorsa

PAPA FRANCESCO – LAUDATO SI’ – GIUGNO 2015
Il titolo è tratto dal “Cantico delle creature” di San Francesco: “Laudato si’, mi Signore per sora nostra matre Terra…”. Nei sei capitoli dell’Enciclica, il Papa evidenzia che la nostra terra, maltrattata e saccheggiata, richiede una “conversione ecologica”, affinché l’uomo si assuma la responsabilità di un impegno per “la cura della casa comune”. Impegno che include anche lo sradicamento della miseria, l’attenzione per i poveri, l’accesso per tutti, alle risorse del Pianeta, come lo sono l’acqua, la biodiversità, eliminando lo “scarto”, l’inquinamento e il consumismo esasperato, riducendo la dipendenza da fonti non rinnovabili e il divario, rispetto a questi temi, tra il Nord e il Sud del mondo. Infatti esiste una responsabilità nei confronti del Creato, eredità comune da conservare, non subordinabile alla proprietà privata, che ha comunque una funzione sociale. Pur riconoscendo i benefici del progresso tecnologico per lo sviluppo sostenibile, l’enciclica mette in guardia dalla tecnocrazia antropocentrica che dà “a coloro che detengono la conoscenza ed il potere economico di sfruttarla, un dominio impressionante sul mondo intero”. Ne deriva una logica che porta, ad esempio, a sfruttare i bambini, ad abbandonare gli anziani, a ridurre altri in schiavitù, a sopravvalutare la capacità del mercato di autoregolarsi, a praticare la tratta di esseri umani . È la stessa logica di molte mafie, dei trafficanti di organi, del narcotraffico. Di fronte a tutto questo, occorre una “coraggiosa rivoluzione culturale” che mantenga in primo piano il valore delle relazioni tra le persone. Quindi, il Papa ribadisce la necessità di difendere il lavoro: tutti devono potervi accedere, perché esso “è parte del senso della vita su questa terra”. “Rinunciare ad investire sulle persone in nome di un profitto immediato è un pessimo affare per la società”, afferma il Pontefice. Quanto agli OGM, il Papa ne mette in luce, da una parte, il contributo alla soluzione di problemi economici, ma dall’altra le difficoltà legate alla “concentrazione di terre produttive nelle mani di pochi”, e poi: “Non ci sono due crisi separate, una ambientale ed un’altra sociale – scrive il Papa – bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale”. L’ecologia integrale “è inseparabile dalla nozione di bene comune” e ciò implica il compiere scelte solidali sulla base di “una opzione preferenziale per i più poveri”. Ma significa anche aver cura delle “ “ricchezze culturali dell’umanità”, come ad esempio dell’ambiente urbano, per migliorare la qualità della vita umana negli spazi pubblici, nelle abitazioni, nei trasporti. Cosa possiamo e dobbiamo fare, dunque? chiede Francesco: i vertici mondiali sull’ambiente hanno deluso le aspettative per mancanza di decisione politica.
E la risposta è “dialogare ed agire” con una governance globale che si occupi dei beni comuni, specialmente quelli dei Paesi più bisognosi di sviluppo, contro un “dominio assoluto della finanza , così come contro la corruzione in tutti i campi. La politica e l’economia devono uscire dalla logica di corto respiro, focalizzata sul profitto e sul successo elettorale a breve termine. Ciò che occorre, in sostanza, è “una nuova economia più attenta ai principi etici”, una “nuova regolamentazione dell’attività finanziaria speculativa”, un ritmo di produzione e di consumo più lento, così da “ridefinire il progresso”, legandolo al “miglioramento della qualità della vita delle persone”. Educazione e formazione restano dunque, le sfide centrali da affrontare. Di qui, il richiamo a “puntare su un altro stile di vita” perché “non tutto è perduto” e “l’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra casa comune”. “La felicità richiede di saper limitare, con sobrietà, quelle necessità che ci stordiscono”, senza togliere gioia e speranza