Ho un’amica che fa la formatrice e consulente aziendale nell’ambito delle risorse umane: è lei l’autrice di questo saggio, che ha come sottotitolo: “Il pensiero di Simone Weil per la cura delle organizzazioni contemporanee”. Quello di Simone Weil è un pensiero tra i più radicali del ‘900 e a me, “ ha aperto un mondo…” utile nella quotidianità in cui opero a favore dell’associazione Risorsa per la prevenzione del disagio lavorativo. Per questo ho partecipato alla presentazione del 26 maggio, presso la prestigiosa sede del Circolo dei Lettori di Torino.
Infatti la pensatrice francese, a lungo inascoltata, ha cambiato un paradigma ancora oggi diffuso, cioè che nella società moderna si parli di “diritti” e non di “doveri”. Non è che i diritti siano da dimenticare, ma, per lei, l’individuo ha un obbligo morale verso tutti gli altri intesi come persone e ciò vale anche nelle dinamiche del lavoro, ove spesso i datori di lavoro vengono contrapposti ai prestatori d’opera, mentre invece gli uni e gli altri hanno reciprocamente dei doveri. E’ come se Risorsa – associazione di volontariato iscritta nei registri nel settore “tutela dei diritti civili” dovesse essere a tutela dei “doveri civili”. Simone Weil nasce culturalmente come filosofa e per questo la sua proposta viene kantianamente definita come un “imperativo categorico… in gonnella”. Insieme a Tiziana, c’era un’altra mia amica, che con Risorsa ha collaborato per il sostegno psicologico alle vittime di mobbing: la sociologa Elena Fabris. La loro presentazione ha avuto un “incipit” quanto meno inusuale: anziché dai soliti ringraziamenti si è partiti da una “lettura” fatta da un’ attrice e da un attore teatrale dell’associazione Artemuda, operante presso Sabir, Centro polivalente della Circoscrizione 1, di cui anche Risorsa fa parte. Siamo infatti convinti che la rete tra associazioni sia un modo per dare un ricambio generazionale ad un gruppo di volontari affetti da “ingravescente aetate” La lettura di alcuni concetti, anche in lingua francese, in omaggio alla lingua di Simone Weil, ha stimolato nei presenti alcune riflessioni sul mondo del lavoro di oggi che hanno poi espresso nelle loro domande. Queste, contrariamente a quanto avviene e su sollecitazione dell’autrice del saggio, sono state fatte a metà della presentazione e non alla fine, magari quando alcuni spettatori se ne sono già andati… Detto questo, riportiamo solo alcuni degli spunti emersi durante la presentazione. Innanzitutto, la vita di Simone Weil, nata nel 1909 e morta nel 1943, a soli 34 anni: scopriamo che era nata da famiglia ebrea e che, oltre a essere filosofa, scrittrice ed educatrice, divenne anche una “mistica” convertendosi al cattolicesimo proprio in virtù di un pensiero che si avvicinava ai “bisogni dell’anima”. La missione che si era posta era di “educare” non solo gli individui, ma anche le organizzazioni e le nazioni al bene comune. L’interesse per il destino dell’uomo diede luogo alla sua opera più famosa: “La prima radice”. Ma, per non sembrare un professore in cattedra, e anche per mettere in pratica le letture di Marx, decise di farsi assumere in una grande fabbrica, per essere vicina agli operai, in un lavoro di cura in un periodo in cui l’operaio era un “oppresso” e far quindi cambiare le organizzazioni lavorative. Inevitabile, a questo punto dell’esposizione dell’autrice del saggio, il confronto pratico con il lavoro moderno, in cui, ad esempio, la richiesta di velocità è una “trappola cognitiva” che impedisce di approfondire e criticare affermazioni non verificate. Anche lo “smart working” sembra aver lasciato, nel post pandemia, uno sfruttamento in termini di orari, per cui si pretende che i lavoratori siano disponibili…anche la domenica: molti però si creano un senso di colpa se non aderiscono a richieste urgenti o non guardano le e-mail. E’ così che la mancanza di tempo libero ha creato una “società della stanchezza”. A livello teorico, si può poi affermare che la famosa piramide di Maslow, ad oggi è ferma al soddisfacimento totale dei bisogni primari, parziale a quello dei bisogni di sicurezza e appartenenza, ma è ancora lontana dal realizzare, per i singoli individui, i bisogni di appartenenza (es. amicizia), stima (es. realizzazione del sé e rispetto reciproco), autorealizzazione (es. moralità, responsabilità, problem solving, assenza di pregiudizi). Facendo inoltre un riferimento valido anche nel mondo del lavoro circa i rapporti che si stabiliscono tra due persone gerarchicamente in posizioni diverse, ci viene in aiuto, in analisi transazionale, la matrice di Harris che asserisce come solo un rapporto paritario e positivo crei una relazione “assertiva”, dove vale la regola che “io” e “tu” ci riconosciamo reciprocamente. Tutte le altre relazioni, negative o, peggio, asimmetriche, creano relazioni “passive” o “aggressive”. E’ questa, secondo me, la condizione in cui si verifica che il superiore è il “leader” accettato dall’inferiore gerarchico. Se le aziende fossero consce che solo un ambiente sereno dove si passano almeno 8 ore della giornata crea non solo benessere individuale ma è anche profittevole per l’azienda in termini di fidelizzazione del personale e reputazione di immagine, certamente lo perseguirebbero. Questa è la conclusione di Tiziana Rubano, che porta il messaggio nelle grandi aziende in cui è chiamata come consulente di risorse umane, ricordando che era già nato con Adriano Olivetti. La mia conclusione (forse una utopia), pensando alla mission di Risorsa, è che lo stesso messaggio possa essere portato in aziende più piccole, ossatura dell’industria italiana, magari senza “codici etici” ma ugualmente con una responsabilità sociale nei confronti dipendenti, dei fornitori e in tutta la filiera del valore, definita come Responsabilità Sociale d’Impresa”. Si tratta di instaurare una “contaminazione virtuosa” tra il mondo profit e non profit, oggetto di un prossimo progetto di Risorsa, per il quale chiederò la collaborazione di Tiziana. E’ così che un “green washing” limitato oggi al rispetto dell’ambiente si possa estendere anche alla comunità, che è poi il fine ultimo del pensiero di Simone Weil
Sintesi e commenti della redazione Risorsa a cura di Ferdinando Ciccopiedi