SULLE PATOLOGIE DEL RAPPORTO DI LAVORO: LO STRAINING

Fonte: Sentenza della Cassazione 4 gennaio 2025 n.123
Sintesi e commenti della redazione Risorsa, a cura dell’avv. Franco Ciociola

Risorsa desidera ringraziare vivamente il suo collaboratore avv. Franco Ciociola che, avvalendosi della sua lunga esperienza in materia giuslavoristica, ci trasmette regolarmente le più recenti sentenze riguardanti il mobbing o fenomeni ad esso collegati, come lo straining. In questi suoi commenti alla sentenza degli Ermellini vengono evidenziati sia l’ampliamento dei casi suscettibili di intervento giurisprudenziale, sia la necessità del lavoratore di provare e quantificare il danno subito, la nocività dell’ambiente lavorativo ed il rapporto causale con lo stesso ambiente di lavoro.

La accresciuta sensibilità del c.d. “diritto vivente” ha,da tempo, determinato una migliore e più garantita valutazione e tutela delle condizioni di lavoro. Sempre più valorizzato dai nostri Giudici, al riguardo, è, tra gli altri precetti in materia lavoristica, il precetto costituzionale che prevede, quale principio assoluto, che il lavoro sia tutelato anche quale strumento di una dignitosa e progressiva realizzazione individuale e sociale del lavoratore. Tutela concorrente è costituita dalla ulteriore previsione costituzionale relativa alla salvaguardia delle condizioni di salute in tutti quei contesti in cui il cittadino operi.
Su tale premessa, l’attenzione giuslavoristica ha ampliato il novero delle ipotesi suscettibili di tutela ed intervento dando una più adeguata interpretazione al concetto di salvaguardia della salute nell’ambiente di lavoro individuando oltre che nella più generale normativa antinfortunistica tendente,in linea di massima, alla tutela delle condizioni fisiche altre ipotesi di lesioni cc.dd. psicofisiche conseguenti a comportamenti vessatori e forme di violenza con forte connotazione psicologica.
E’ da tempo che gli operatori del diritto hanno elaborato la figura del “mobbing”, quale patologia del rapporto di lavoro meritevole di tutela.
Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione (04 gennaio 2025, n.123), ha stimolato l’attenzione su una figura contigua al mobbing ovvero lo “straining” (dall’inglese to strain, letteralmente :mettere sotto pressione”).
Le differenze sostanziali tra le due figure consistono nell’assenza di un intento specificamente persecutorio proprio del mobbing, e nella possibilità che le circostanze censurate siano solo episodiche.
E’ interessante,al riguardo, riportare l’affermazione del Giudice del lavoro del Tribunale di Bologna secondo la quale :” Si configura “straining” tutte le volte in cui il dipendente subisce azioni ostili da parte del datore di lavoro, anche limitate nel numero e distanziate nel tempo, che provocano in lui un peggioramento permanente della situazione lavorativa, situazione che incide sul diritto alla salute del lavoratore ponendolo in una grave condizione di frustrazione personale o professionale, anche in assenza di un preciso intento persecutorio.”
In buona sostanza, secondo l’interpretazione dei giudici, lo straining costituisce una “forma attenuata di mobbing” per comportamenti stressogeni, e ciò anche se manca la pluralità di azioni vessatorie, ma si producono comunque effetti dannosi rispetto all’interessato” .
Lo straining trova tutela, principalmente, nell’art. 2087 c.c. (tutela delle condizioni di lavoro) e la cui violazione produce responsabilità risarcitoria in capo al datore di lavoro che può essere condannato alla rifusione dei danni alla salute psicofisica. Ovviamente grava sul lavoratore la necessità di provare e quantificare il danno subito, la nocività dell’ambiente lavorativo ed il rapporto causale con lo stesso ambiente di lavoro.
In ragione delle considerazioni sopra espresse, può affermarsi che in virtù delle caratteristiche dello straining sia più agevole far ricorso alla relativa tutela non essendo la vittima di straining onerato dal dimostrare l’intento persecutorio del datore di lavoro, o dei colleghi, prova questa di forte difficoltà, e non essendo necessaria una continuità e pluralità di fatti illeciti.