In occasione del 1° maggio, festa di tutti i lavoratori e lavoratrici, i nostri Volontari hanno trovato un interessante articolo sulle lavoratrici anziane (con spunti di riflessione per tutte le classi di età). L’articolo è soggetto a riproduzione riservata (legge 633 sul diritto d’autore), ma la pubblicazione di una sua sintesi su questo sito, con citazione delle fonti, dell’autrice e del link all’articolo completo non ha alcuna finalità di sfruttamento economico da parte di Risorsa ODV ETS e lo proponiamo quindi ai nostri lettori
Fonte:
articolo del 2/4/ 25 di Paola Centomo dal titolo: “Lavoro, le senior sono risorse, non problemi
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Sintesi e commenti della redazione Risorsa
In costante aumento, i lavoratori over 50 sono destinati a restare ancora a lungo al lavoro. Attenti all’innovazione, motivati, con un gran bagaglio di competenze non vengono valorizzati quanto meriterebbero. Soprattutto le donne, che hanno a casa un carico di impegno in più. L’occupazione in Italia cresce da tempo in particolare per i senior che occupano fette sempre più grandi di mercato del lavoro. Un paradosso, quello del boom dell’occupazione matura e dello sboom di quella giovane, con cui dobbiamo prendere confidenza.
Dice il rapporto 2024 dell’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche), che nel secondo trimestre del 2024, l’ultimo misurato, l’incremento di 329mila occupati è stato determinato per l’80 per cento dagli occupati con più di 50 anni in crescita del 2,8 per cento, a fronte di una crescita dell’1 per cento tra gli occupati di 35-49 anni e del calo dello 0,3 per cento tra i 15-34enni.
Mentre, con l’invecchiamento della popolazione italiana, gli under 15 sono stati numericamente superati dagli over 65, l’escalation dei senior contagia anche le imprese, e le muta verso un nuovo assetto generazionale, anche perché l’innalzamento dell’età della pensione trattiene al lavoro più a lungo le persone.
In un recente Rapporto Demografia e forza lavoro del Cnel si stima che da un lato, per effetto del declino delle nascite, si affacceranno sul mercato occupazionale generazioni sempre più esigue; dall’altro, porzioni crescenti di lavoratori adulti e maturi permarranno a lungo tra le forze lavoro Spiegano due esperte in demografia che l’Italia, insieme alla Bulgaria, è il Paese con l’età media della forza lavoro tra 15 e 64 anni più alta in Europa, quasi 44 anni (Istat, 2023).
Oggi i lavoratori con più di 55 anni sono oltre il 21 per cento della forza lavoro e si stima che già nel 2030 saranno il 32 per cento». E concludono: le prospettive di sopravvivenza, anche fino a 100 anni per alcuni, che porteranno molti individui a raggiungere e superare i 100 anni di vita, faranno sì che non si potrà contare su un’uscita dal lavoro simile ad oggi.. Ciò rende necessario un ripensamento delle politiche di Welfare e l’impegno, anche da parte del mondo produttivo, a far sì che questo straordinario aumento di vita corrisponda a un prolungamento della vita attiva e lavorativa.
Secondo un responsabile dell’Osservatorio HR Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano il tema dei senior va affrontato con progetti di Age Management: si tratta di quell’insieme di iniziative aziendali che puntano a valorizzare i tratti distintivi e i punti di forza di ciascuna fascia di età e a mettere in connessione le diverse generazioni che lavorano in azienda. Tali progetti dovrebbero riguardare, per esempio, la Pubblica Amministrazione, dove l’età media dei lavoratori è di 50 anni. «Per raggiungere la media di 44 anni nel 2028, come previsto dal ministero per la Funzione Pubblica, occorrerà assumere circa 1,3 milioni di nuovi collaboratori con un’età media di 28 anni. A oggi, tuttavia, i nuovi lavoratori all’ingresso hanno in media 32 anni. Nonostante questo, nella Pubblica Amministrazione le iniziative di Age Management sono pressoché inesistenti e la situazione diventerà più drammatica. Per anni l’idea di talento era associata alle giovani generazioni. «Oggi dobbiamo ricercare il talento anche nei lavoratori più maturi. Le ricerche dell’Osservatorio rivelano che le organizzazioni concentrano le iniziative principalmente sui più giovani: i progetti specifici per gli under 35 sono tre volte superiori a quelli pensati per gli over 50: si tratta di una vera e propria discriminazione legata all’età.
Secondo un professore della Luiss di Roma solo i leader più visionari stanno capendo che la sfida dell’età è strategica e che solo la valorizzazione dei lavoratori maturi consentirà di vincerla. Nel suo libro Active Ageing in azienda (ed. FrancoAngeli) sono messe in fila le criticità del nuovo assetto demografico delle organizzazioni e le sfide a cui devono fare fronte. Tra queste c’è quella della sicurezza, perché in area manifatturiera sono esplosi gli infortuni mortali dei lavoratori over 60; c’è quella della salute, perché molte mansioni diventano inidonee a certe fasce di età; quella delle politiche per l’invecchiamento attivo e della prevenzione delle patologie. Emerge, poi, da affrontare la spinta verso l’innovazione, il cambiamento o, comunque, il motivare chi ha magari perso la pulsione naturale ad avanzare.
In ogni caso è dimostrato che i fattori motivanti cambiano con il modificarsi dell’età. C’è la necessità di impedire l’obsolescenza di certe competenze, di trasmettere ai giovani il know how dei senior e viceversa e di fare convivere nello stesso luogo di lavoro quattro generazioni diverse. Infine, c’è il fattore costi, perché chi ha accumulato una vita di lavoro è più costoso di chi l’ha cominciata da poco. Tuttavia le aziende che prendono iniziative proattive e sistemiche per gestire l’invecchiamento della forza lavoro sono pochissime. Molte non hanno proprio individuato per tempo la criticità di questa impegnativa situazione legata all’ andamento demografico della propria forza lavoro. Nelle imprese, poi, la maggioranza delle ruoli di responsabilità è occupato da cinquanta/sessantenni dalla forte cultura giovanilistica che, al pari dei quarantenni, guardano spesso i coetanei come fossero un peso.
Secondo l’autore, nelle aziende le persone stanno invecchiando molto meglio di quanto si pensasse e si temesse. Appena hanno capito che sarebbero andati in pensione non prima dei 67 anni, i cinquanta-sessantenni sono mentalmente rimessi in gioco in modo lucido e fattivo, per cui ora le aziende possono contare su professionisti maturi esperti, fedeli, dinamici, meno volatili dei giovani e se li tengono stretti, anche perché farebbero fatica a trovare alternative. Di questa inattesa fiammata dei senior la Hays Salary Guide 2025 restituisce un’immagine piena di chiaroscuri: il 74 per cento dei lavoratori over 50 è convinto di non avere più una reale possibilità di crescita e il 63 per cento considera di lasciare nel 2025 la propria società per un’altra o di mettersi in proprio. Però, poi, il 51 per cento si dice soddisfatto o molto soddisfatto del proprio lavoro e il 55 per cento soddisfatto del livello retributivo. Ma resta un punto che non viene mai indagato: la necessità molto sentita dai lavoratori ove 55 di conciliare il lavoro con la cura dei familiari (il caregiving) e cioè dei figli maggiorenni ancora in casa e, soprattutto, dei genitori anziani, attività che pesa principalmente sulle donne e che si traduce in persistente stress e usura. E allora magari le aziende introdurrebbero la settimana corta o lo smartworking disegnato per chi si prende cura dei familiari.
Qui emerge allora il ruolo delle donne. Tra il 2023 e il 2024 anche il tasso di occupazione femminile, over 50 comprese, è cresciuto (+1,4 per cento): oggi è del 53,7 per cento, comunque il più basso nella UE, lontanissimo di 13 punti dalla media europea. Detto questo, le over 50 che lavorano hanno sorprendentemente attribuito più centralità al lavoro dei coetanei maschi. Infatti, dati interessanti arrivano dalla ricerca “Oltre le generazioni” dell’associazione di imprese Valore D, su 18mila persone in 61 aziende del network. Ebbene, tutte le fasce di età indicano come i due valori primari la famiglia e la salute ma, interrogate sul terzo, le generazioni più mature hanno indicato il lavoro. Le donne sembrano anche più interessate degli uomini a investire sulle competenze: nella fascia di età 46-60 anni, le lavoratrici che ritengono molto importante che la propria organizzazione dia la possibilità di migliorare le competenze sono il 62 per cento (55 per cento gli uomini), mentre nella fascia over 60 sono il 53 per cento (49 gli uomini). Non solo: il 46 per cento delle lavoratrici con più di sessant’anni ha detto che è abbastanza importante poter costruire competenze tutte nuove, inedite, in ambiti diversi dal proprio ruolo. Di contro, le donne over 50, si ritengono una categoria discriminata e invisibile a causa dell’arresto forzato della crescita professionale. Occorre invece identificare percorsi di carriera per chi è over 50, con maggiore coinvolgimento in ruoli di team leader, anche con corsi motivazionali. Invece, se non si raggiungono ruoli importanti prima dei 50 anni, dopo si viene esclusi totalmente anche per un premio, per una promozione, per un cambio di attività che possa essere più stimolante. Se ciò avviene il prepensionamento delle donne è più sofferto di quello degli uomini. Infatti le donne accusano il doppio disvalore sociale di essere donne e di invecchiare: un uomo over 50 è percepito come autorevole, mentre una donna della stessa età è considerata soltanto vecchia. Come rilevano importanti psicoterapeuti, a 50 anni si può soffrire per avere perso, in contemporanea, il potere riproduttivo biologico e quello produttivo professionale, legato al mordente e alla velocità. La Wise Growth, società di consulenza specializzata nella promozione di contesti aziendali che valorizzino lavoratrici e lavoratori ha ideato e divulgato nelle organizzazioni Ever-blooming, un programma che punta a valorizzare proprio l’energia della maturità femminile, contro l’autosvalutazione, senza poter contare su qualcuna che ha preceduto l’attuale generazione: il rischio è interiorizzare l’idea che sia finito tutto, che si sia logore, superate, e crederci al punto da diventarlo effettivamente. Il danno personale e organizzativo di tale svalorizzazione è enorme. Ma è incoraggiante il fatto che non ci siano mai state nelle imprese tante donne in ruoli di leadership che, esercitando la loro influenza, possono essere le prime a esplorare, difendere e diffondere idee di maturità e invecchiamento sul lavoro molto diverse da quella a cui siamo abituati. Per finire, una citazione di Susan Sontag: “Le donne dovrebbero permettere al loro volto di mostrare la vita che hanno vissuto”».